Il colore secondo Aldo Spinelli – Intervista agli invitati del PcT 2018
La linea è un punto in movimento e quando si chiude su sé stessa su un piano crea una superficie, una forma.
E talvolta una lettera alfabetica. Qual è la differenza tra un trattino verticale e una “I”? E tra una circonferenza e la lettera “O”?
Le lettere sono forme che vengono osservate e subito dopo inviate alla regione occipito-temporale dell’emisfero sinistro del cervello per essere interpretate. Il tondo diventa un cerchio se sta da solo o illustra un testo di geometria; si accontenta di essere una “O” quando si trova insieme ad altre lettere alfabetiche. (Il segmento verticale e la circonferenza si possono quindi “trasformare” in IO).
Prima si riconoscono delle sagome che possono poi essere associate tra loro assumendo l’aspetto di parola alla quale, infine, viene attribuito un significato (con l’aiuto della memoria).
Un’esasperata squadratura delle lettere permette di condurre alla rarefazione del senso con il corrispondente incremento del carattere visivo dei caratteri. Il testo può dunque ritornare a presentarsi come una sequenza di forme che potrebbero non andare oltre l’essere guardate. Ma può succedere che ciò che si vede equivalga a ciò che si legge e viceversa, all’infinito. Quando il significante coincide con il significato non è una coincidenza. E per non fermarsi alla banale tautologia, la quantificazione numerica porta a un’autoreferenzialità del tutto imprevedibile, una totale corrispondenza tra qualità e quantità.
La linea è un punto in movimento e quando si chiude su sé stessa su un piano crea una superficie, una forma.
Ogni forma ha un dentro e un fuori. Per distinguerli, si possono utilizzare due colori diversi.
La lettura, quindi, presuppone la percezione di un contrasto tra la figura e il fondo, tra il segno e il campo da cui esso emerge. Un colore vale l’altro purché siano differenti.
La forma da vedere/leggere si presenta dunque nell’ambiguità di un dialogo a distanza che, come nel caso del cruciverba o del puzzle, non è “un gioco solitario: ogni gesto che compie l’attore del puzzle, il suo autore lo ha compiuto prima di lui; ogni pezzo che prende e riprende, esamina, accarezza, ogni combinazione che prova e prova ancora, ogni suo brancolare, intuire, sperare, tutti i suoi scoramenti, sono già stati decisi, calcolati, studiati dall’altro.” (Georges Perec, La vita istruzioni per l’uso)