Il colore secondo Margherita Leoni – Intervista agli invitati del PcT 2018
Il mio intervento sul colore sta più che altro nella scelta dei soggetti per cui nel momento in cui scelgo un soggetto rosso o un soggetto azzurro è un mio intervento, una mia presa di posizione. In Brasile la natura è molto vivace, molto forte, ti entra dentro, e sicuramente scelgo i soggetti che dal mio punto di vista sono più espressivi e il colore trasmette molto. Non posso dirti che accentuo la colorazione ma che scelgo il soggetto che in quel momento risponde meglio alle mie necessità espressive. I paesi tropicali non hanno piante dai colori freddi per cui è una scelta forse anche di origine: se dovessi dipingere la natura d’inverno è perché scelgo di dipingere l’inverno.
Il colore è quindi un fattore di scelta del soggetto perché comunque veicola un’emozione…
sì sicuramente
Tu crei opere inclusive, crei atmosfere attraverso le tue opere, lo spettatore fisicamente entra nelle tue opere. Quanta parte ha l’impressione dello spettatore? Quando conta nel momento della progettazione l’immaginare di far vivere determinate impressioni ed esperienze allo spettatore?
Questi lavori scenografici sono nati proprio dall’esigenza di far partecipare in prima persona, di far proprio sentire totalmente investito lo spettatore. Fino a qualche anno fa lavoravo solamente con i classici dipinti più piccoli, però vedevo che mancava qualcosa per trasmettere la potenza della natura, la vita che c’è nella natura, che secondo me noi abbiamo bisogno di sentire in modo più coinvolgente. Da lì è nata l’idea di fare un ambiente completamente rivestito e anche ampliato: ho ingigantito le immagini con cui ho rivestito l’ambiente. A Treviglio metterò una parte di questa scenografia di foresta tropicale e i visitatori hanno dei riscontri solitamente molto positivi. Dopo questo percorso nell’immersione riescono anche ad essere più attenti ai lavori di acquerello di lettura più profonda.
Prima delle selve brasiliane che ti hanno sicuramente folgorato, il tuo fare arte era già orientato alla forza dei colori, all’energia vitale?
Il legame con la natura è nato quasi da subito, andando in Brasile nel 1997, però anche da sempre, dal mio nome stesso, sono legata alla natura, mi è sempre piaciuta tanto che avrei anche voluto studiare biologia o scienze naturali. Prima di ritrarre le piante ho fatto un lungo periodo a Brera facendo dei lavori sull’autoritratto, poi sono passata in modo più approfondito a ritrarre le piante.
Quanto consideri la tua opera una trasposizione della natura e quanto un tuo autoritratto? Il tuo fare arte è mettere a disposizione di chi non lo conosce così strettamente ciò che la natura già da oppure è un mettere te stessa all’interno di questa natura?
È una lettura molto soggettiva, non è solo una trasposizione fredda. Mi è capitato di mostrare i miei lavori a brasiliani che conoscevano benissimo le piante ma che non le avevano mai viste con questi occhi.
La cultura figurativa sudamericana ha la caratteristica di avere dei colori molto accesi forse anche per il tipo di luce e di natura che hanno. Quanto questo ha influito su di te?
Sicuramente molto. Mio marito è brasiliano ed è uno scultore e tra di noi c’è un continuo scambio. Ho vissuto 16 anni in Brasile e la luce, le intemperie, i suoni, i colori, è tutto molto più violento per cui sicuramente influisce anche indirettamente, sono cose che escono.
Per quanto grande e piena l’opera di Treviglio è leggera, anche perché stampata su teli. Nelle tue opere convivono pienezza e leggerezza, riproponi anche l’atmosfera della natura in questo?
Ci sono momenti dei pienissimi e dei punti di luce, delle aperture. Sicuramente cerco anche l’atmosfera generale.
Le mie opere sono momenti di contatto di sensibilità tra me e lo spettatore: c’è immediatezza, trasparenza nei sentimenti, non c’è la volontà di trasmettere un messaggio ma un’esperienza.